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RIFLESSIONI SULL’INFLUENZA DA CORONAVIRUS


Partiamo dalla BIOLOGIA

E’ il polmone, che con il primo vagito inaugura la nostra vita terrena e con l’ultimo sospiro ne segna la conclusione, ad avere il collegamento biologico più stretto alla vita e alla morte così da essere attivato in risposta a qualsiasi conflitto che accompagna un evento drammatico, imprevisto, che ci fa percepire la PAURA della morte.

La risposta dell’organo a questo tipo di evento è compensatoria, aumenta la quantità di tessuto polmonare capace di respirare, e si dilatano le vie respiratorie per aiutarci ad affrontare la situazione di pericolo e d’emergenza, quella percezione di mancanza d’aria, di fine vita, reale o immagianata che sia.

L’innesco della reazione d’allarme provoca una forte risposta di stress che concentra le nostre risorse vitali ad affrontare il problema urgente, e ci distoglie da qualsiasi altro segnale: se sono in lotta per la sopravvivenza non sento il dolore, la fame, la stanchezza, il sonno, sono teso, e pallido per la vasocostrizione periferica che riduce il sanguinamento in caso di ferita.

Può seguirne, o il perdurare di questa situazione stressante che porta allo sfinimento e alla consunzione, oppure la soluzione del conflitto causale: comprendo e risolvo la minaccia e il problema, e inizio la fase di recupero delle risorse ed energie spese.

In questa fase di ripresa e di guarigione, possiamo permettere di ascoltarci, di leccarci le ferite, e di manifestare il contrario dei segni precedenti: per cui ora compaiono i sintomi: è l’ “INFLUENZA”!

Infatti finita l’emergenza sentiamo e ci lamentiamo dei dolori, che impongono di fermarci e riposare in un luogo protetto per recuperare gradualmente l’appetito e la forza, abbiamo una vasodilatazione periferica che innalza la temperatura corporea (la febbre accelera il metabolismo organico e migliora la risposta di riparazione), abbiamo nei tessuti la congestione infiammatoria, che colliqua e digerisce il tessuto polmonare cresciuto nella fase attiva, e viene secreto il muco che ripara le fissurazioni che erano servite ad aumentare il lume bronchiale. Tutti questi sintomi sono accompagnati dalla presenza di batteri e virus che lavorano in simbiosi, e da alleati facilitano questa opera di detersione e di sanificazione.

Descritto il comportamento biologico, “logico per la vita”, affrontiamo le domande che la recente INFLENZA DA CORONAVIRUS ci pone.

Qual è la PAURA della morte avvertita, la cui soluzione può essere ragione dell’influenza virale della fine del periodo invernale?

Finisce l’inverno, il momento dell’anno più carico di minacce, difficile per la sopravvivenza, freddo, buio, con le maggiori difficoltà di approvvigionamento alimentare, e iniziano le belle giornate che precedono la primavera. Il primo pensiero che sopraggiunge soprattutto negli anziani: “…e anche quest’anno ce l’abbiamo fatta”!

Inizia la fase del recupero, della “fiacca”, aprile dolce dormire (e con il riscaldamento globale la stagione si è anticipata a marzo), che può erroneamente essere intesa come un sentirsi “poco bene” e innescare preoccupazioni e ansie. Nessuno viene a rompere il muro di solitudine e di dubbio dei miei pensieri, non mi rendo conto del perché della debolezza che sto attraversando, e interpreto questa che è la fine come l’inizio della malattia. Viene a crearsi un circolo vizioso che ad ogni spirale esacerba la risposta dell’organismo.

Perché la polmonite colpisce gli anziani e più gli uomini che le donne?

La PAURA della morte, che si avvicina con il trascorrere degli anni e con le patologie croniche che accompagnano la vecchiaia, è più avvertita dagli anziani, mentre non riguarda i giovani, che sono quasi del tutto esenti da questo timore, e i bambini che pensano solo a giocare. Nessuna paura = nessuna polmonite. Gli uomini inoltre affrontano peggio delle donne le avversità fisiche della vita, più facilmente si sentono responsabili della difesa della famiglia dall’assedio delle avversità della Vita, e vivono in diverse occasioni la Paura della morte per sé o per i loro cari, cosi che questi traumi finiscono con il ridurne l’aspettativa di vita. Più paura = più polmonite.

Il ruolo dell’informazione medica e mediatica

Se la PAURA della morte è l’origine del percorso che porta alla polmonite sarebbe corretto puntare su una informazione che sia capace di liberarcene, che ci renda consapevoli, partecipi di un percorso che dia fiducia nelle capacità personali di affrontare la “malattia”. Solo così potremmo superare quelle prove che renderanno più forte e resistente il nostro sistema immunitario.

Esattamente il contrario di quanto sta accadendo.

Si è dichiarata una guerra ad un nemico invisibile e poco offensivo in cui la popolazione può avere il solo ruolo della vittima inerme, completamente spogliata di qualsiasi tentativo di comprensione e decisione. Per rafforzare la nostra ubbidienza e sottomissione, e qui si esula dal discorso sanitario, non viene tralasciata alcuna immagine mediatica che non serva a seminare il panico aumentando la PAURA della morte e generando ancora patologia.

L’effetto nocebo dell’informazione è diventato virale, ci mantiene in continua allerta per il picco di morti che ci sta aspettanto, per la durata del contagio che non finirà qui e ora, e per chissà cosa dobbiamo aspettarci untori quali siamo e per come ci comportiamo.

Gli operatori sanitari sono degli eroi?

Sicuramente vittime eroiche di quella che è stata presentata come una guerra totale e mondiale, e che purtroppo rafforza il nemico nel momento in cui le prime morti non hanno fatto altro che contaminare persone ed ambienti della PAURA che viene condivisa fino allo sfinimento. La Paura genera morte, la morte genera Paura.

Se l’operatore sanitario non sa farsi scudo, e sente il peso di responsabilità che non gli appartengono, di aspettative che non riesce a soddisfare, lavora in una situazione di costante pericolo per l’asfissiante atmosfera e per il ritmo infernale delle prestazioni mediche che la sua coscienza gli impone. Ma medici eroi non vuol dire guerra giusta.

Le migliaia di morti all’anno, dovute a malattie contratte in ospedale, sono riconducibili, ad una attenta analisi medica, alla situazione di sovraffollamento dei pazienti e di precarietà di gestione sanitaria in cui versano in Italia i nostri nosocomi, e in questa occasione dobbiamo pensare che si siano quantomeno duplicate. Questo basterebbe a dare ragione del dato che le morti siano aumentate rispetto allo stesso periodo dell’anno scorso, e che siano aumentate resta ancora da verificare.

Perché in Lombardia più che nelle altre regioni d’Italia?

E’ una domanda da porci. Risulta, come unica notizia da segnalare, che a Bergamo sono stati acquistati e somministrati 180.000 dosi di vaccino antinfluenzale ad ottobre 2019 somministrati agli anziani il cui sistema immunitario già strutturato non ha alcuna necessità di stimolazioni, e anzi resta impegnato per le 12 settimane successive nella sforzo immunitario di rispondere al vaccino subito. E comunque in ultima analisi il ricorso alla vaccinazione tradisce l’apprensione per la propria vita, e la sfiducia nella sufficienza delle proprie risorse naturali.

Una domanda: c’è differenza tra il nord ed il sud d’Italia per quanto riguarda l’accudimento degli anziani? Si sente più sicuro e protetto l’anziano nell’ ospizio del nord o nelle strutture familiari tradizionali del sud? Chi sente di più la solitudine e la PAURA della morte?

Che cosa è il virus?

E’ un materiale non vivente che penetra nella cellula (o è la cellula che lo attira a sé), e più profondamente nel nucleo perché rimanga lì nel genoma, insediandosi in quel 95% di “DNA spazzatura” di cui i genetisti non sanno spiegarsi la funzione, a testimonianza di una esperienza evolutiva dell’uomo, di questa prova iniziata e conclusa, necessaria e utile ad arricchire la nostra esperienza immunitaria.

Tentare di eradicare il virus sarebbe come cancellare una parte di noi stessi, del nostro vissuto, ed è, alla prova dei fatti, un’idea perdente e distruttiva dato che con la globalizzazione, tutti i microrganismi diventano presto ubiquitari e si diffondono in tutti gli angoli della Terra.

Può il vaccino essere la soluzione all’infezione?

Il virus muta velocemente e quindi non può essere approntato un vaccino efficace, come non esiste un vaccino contro il raffreddore per questa stessa ragione. Quando si parla, di infezione di ritorno anche in soggetti già guariti, non si riconosce che perfino la “malattia” è incapace di dare immunità duratura?

Quale è l’atteggiamento più naturale da seguire per affrontare situazioni di questo genere?

Dal punto di vista medico valutare e rafforzare le risorse che il paziente può autonomamente mettere in campo, se reso consapevole e partecipe della terapia che si intende effettuare, per far si che la risposta infiammatoria di guarigione non sia cosi disordinata da creare essa stessa complicazioni. Alcuni farmaci usati, antireumatici e cortisone, sono proprio immuno modulatori, hanno cioè il compito di ridurre la risposta di difesa dell’organismo che risulta addirittura in eccesso.

Perché la Chiesa ha abdicato e sottomesso il suo magistero di salvezza all’opinione di uomini di scienza?

Effettivamente la rinuncia alla celebrazione eucaristica di fronte all’assemblea dei fedeli mina la fede dei credenti nella efficacia della preghiera comunitaria o quanto meno la sottomette al volere ed al potere degli uomini di scienza e di governo, lasciando prevedere importanti conseguenze negli equilibri sociali.

La visione scientocentrica della realtà si erge a nuova religione del mondo contemporaneo, ritiene di essere portatrice dell’unica verità e ci ammonisce sui nuovi morti che dovremo contare se non facciamo come loro hanno deciso.

Come finirà? Prima soluzione

Si continua fino all’esasperazione a prediligere l’aspetto emotivo più che le argomentazioni, ad aumentare la distanza tra la popolazione, che non è ritenuta in grado di capire, e gli esperti del comitato tecnico scientifico che con la pretesa di conoscere gli individui meglio di quanto loro stessi si conoscano, otterranno la delega totale a decidere e gestire tutti gli aspetti delle nostre vite.

In questo caso il rischio è di ripetere la Storia.

La peste polmonare ( raccontata dal Manzoni come “cabala ordita per far bottega di pubblico spavento”) scoppia a Milano quando vanno via i Lanzichenecchi e cessa la PAURA della morte, ma a questa succede la forma dermica bubbonica per un nuovo conflitto risentito e patito, a seguire: NON MI TOCCARE!

Seconda soluzione

Avviene una svolta radicale nel sistema diagnostico. La scoperta della vera causa delle cosidette malattie: impareremo a connettere la malattia all’individuo e al suo vissuto. Il malato non sarà più un numero di letto di ospedale, un corpo di paura che invoca una mano che lo tiri fuori, ma una persona libera e consapevole che parteciperà insieme al suo medico alla scoperta del senso biologico in ciò che era stato interpretato come un errore della Natura, riconquistando la fiducia nella vita e nelle leggi che la regolano.

fernandogiancotti.it

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